Cambiamento climatico e Covid 19

https://www.iusinitinere.it/covid-19-and-pollution-the-link-between-infectious-diseases-and-the-environment-29468


La discussione su come il Covid-19 abbia o meno a che fare con l’inquinamento è di enorme attualità[1]. Secondo i risultati riportati in  una moltitudine di pubblicazioni scientifiche e negli ultimi rapporti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change – IPCC [2], nessuno può negare che la composizione dell’atmosfera sia sostanzialmente cambiata, con ripercussioni sulla nostra salute. La contaminazione chimica delle matrici ambientali fondamentali per l’esistenza della vita ha un impatto sulla salute umana[3].

Il cambiamento climatico agisce direttamente e indirettamente nella determinazione di un’ampia varietà di malattie. Ad esempio, sono ben note malattie infettive legate alle condizioni ambientali che contribuiscono alla replicazione dei vettori che trasmettono il patogeno, ovvero gli insetti. Secondo il Lancet Countdown, rispetto agli anni ’50, si è assistito a un forte aumento a livello globale della capacità delle zanzare A. Aegypti e A. Albopictus di trasmettere il virus Dengue nell’ultimo decennio: è ragionevole ritenere che questa tendenza sia in costante aumento, parallelamente all’aumento delle emissioni di gas serra.

Il cambiamento climatico cambia le caratteristiche degli insetti e ha un impatto sul loro cibo e sui loro predatori naturali. All’aumentare della temperatura, il metabolismo dell’insetto accelera e poichè bruciano più energia, consumano di più, si sviluppano più velocemente, si riproducono più velocemente e depongono più uova. Il risultato finale è un aumento delle popolazioni.

Inoltre, la deforestazione, l’antropizzazione e l’avvicinamento degli animali all’uomo creano un ambiente favorevole allo sviluppo di malattie infettive e la mobilità umana ne aumenta la diffusione, come nel caso del Covid-19. Secondo un recente rapporto del WWF [4], la distruzione degli habitat naturali rompe l’equilibrio ecologico e crea le condizioni per la loro diffusione. «Le foreste sono il nostro antivirus. La loro distruzione può quindi esporre l’uomo a nuove forme di contatto con i microbi e con le specie selvatiche che li ospitano. Ad esempio, i pipistrelli portatori di virus Ebola vivono nelle foreste incontaminate dell’Africa occidentale. Il cambiamento dell’uso del suolo come le strade di accesso alla foresta, l’espansione dei territori di caccia e la raccolta di carne da animali selvatici, hanno portato la popolazione umana a più stretto contatto con nuovi virus, favorendo l’insorgere di nuove epidemie »[5 ][6].

Nel 2003 si è diffusa la SARS, sindrome respiratoria acuta grave, che è passata dai pipistrelli agli zibetti (piccoli mammiferi) e poi all’uomo. Nel 2009 si è diffusa un’epidemia causata dal virus H1N1, noto come influenza suina, trasmesso dagli uccelli ai maiali e poi trasmesso all’uomo. Nel 2012 è apparsa la MERS, sindrome respiratoria mediorientale, trasmessa dai pipistrelli ai cammelli e, successivamente, all’uomo. Nel 2014 il virus responsabile dell’Ebola, già individuato a metà degli anni ’70, ha acquisito anche la capacità di trasferirsi direttamente dall’uomo all’uomo.

A dicembre 2019 è apparso il nuovo coronavirus cinese (SARS-Cov-2). La ricerca ha dimostrato che il virus responsabile dell’attuale pandemia ha modificato due proteine ​​strutturali e una proteina di superficie per adattarsi all’uomo. Il legame che si instaura tra le proteine ​​di superficie del virus e i recettori presenti sulle cellule umane rappresenta la chiave per stabilirsi all’interno delle cellule. Il virus responsabile dell’epidemia di Covid-19 è simile all’80% a quello della SARS, ma è meno letale, sebbene più contagioso [7].

Sono ancora molte le domande senza risposta, ad esempio sulle cause, sicuramente molteplici, dell’elevata letalità del Covid-19 in Italia. L’Italia è uno dei paesi europei che ha i ceppi batterici più resistenti agli antibiotici e la più alta mortalità correlata. Inoltre, il fatto che il virus si sia diffuso, prevalentemente, al Nord potrebbe essere correlato all’inquinamento.

Per comprendere il ruolo dell’inquinamento atmosferico, i ricercatori di tutto il mondo si sono riuniti in Rescop (acronimo di “Research group on Covid-19 and particulate [8]“), task force internazionale costituita su proposta del SIMA (“ Società Italiana di Medicina Ambientale [9] ”) per studiare la presenza del coronavirus sul particolato atmosferico delle città più colpite. Il gruppo è attualmente composto da una quarantina di ricercatori provenienti da prestigiose università di tutto il mondo, al fine di ottenere evidenze scientifiche utili al riavvio. Il team è multidisciplinare e coinvolge medici, epidemiologi, specialisti in malattie infettive, virologi, genetisti, chimici ambientali, biochimici, tossicologi, ingegneri ambientali.

La richiesta di un nuovo gruppo di ricerca internazionale è stata avanzata dal Presidente del SIMA, Alessandro Marini, dell’Università degli Studi di Milano, dopo la pubblicazione del primo ‘Position Paper’ sul possibile legame tra COVID-19 e le altre tematiche ambientali. L’obiettivo è stimolare le istituzioni ambientali e sanitarie nazionali a interessarsi al fenomeno, a partire dal legame tra il Covid e l’inquinamento atmosferico. Si tratta di una correlazione basata su un numero molto limitato di osservazioni, ma il fenomeno sottostante è certamente noto e provato per altri fattori inquinanti (come IPA, idrocarburi policiclici aromatici).

Il documento analizza che, in relazione al periodo 10-29 febbraio 2020, elevate concentrazioni al di sopra del limite di PM10 [10] in alcune province del Nord Italia potrebbero aver esercitato un’azione di spinta. Si tratta di un impulso alla diffusione virulenta dell’epidemia nella Pianura Padana che non è stata osservata in altre zone d’Italia che hanno avuto casi di contagio nello stesso periodo. Questa conclusione si basa su un caso di studio del 2003 [11] sulla correlazione tra l’indicatore di inquinamento atmosferico e la mortalità per SARS in Cina (2002-2003).

La ricerca ha dimostrato come il rischio di mortalità sia stato amplificato – circa il doppio – nelle zone con un inquinamento più elevato rispetto a quelle con una migliore qualità dell’aria. Inoltre, uno studio del 2017 [12] che ha analizzato la diffusione dell’influenza stagionale associata alla presenza di polveri sottili per la Cina mostrerebbe che, in quel contesto, esiste un effetto di questo tipo, anche se il contributo alla diffusione era limitato a 10,7 % delle infezioni e nei giorni più freddi.

Il team [13] verificherà la presenza del virus nel particolato e potrà eseguire eventuali test di vitalità e virulenza da effettuare nei laboratori di virologia di massima sicurezza, condizione garantita dal Centro di Ricerca Internazionale di Ingegneria Genetica delle Nazioni Unite e Biotecnologie (ICGEB) a Trieste.

  1. (1) https://www.who.int/docs/default-source/coronaviruse/transcripts/who-audio-emergencies-coronavirus-press-conference-full-and-final-11mar2020.pdf?sfvrsn=cb432bb3_2
  2. https://www.ipcc.ch/
  3. https://www.who.int/quantifying_ehimpacts/global/en/
  4. https://www.wwf.pl/sites/default/files/inline-files/report_en_biodiversity_and_pandemic_22_03_0.pdf
  5. https://www.wwf.pl/sites/default/files/inline-files/report_en_biodiversity_and_pandemic_22_03_0.pdf
  6. https://www.nature.com/articles/nrmicro3380?proof=trueIn
  7. https://www.ecdc.europa.eu/sites/default/files/documents/RRA-seventh-update-Outbreak-of-coronavirus-disease-COVID-19.pdf
  8. https://www.panoramasanita.it/2020/05/19/nasce-rescop-research-group-on-covid-19-and-particulate-matter/
  9. https://www.mdpi.com/about/announcements/893
  10. https://ec.europa.eu/environment/air/quality/standards.htm
  11. https://ehjournal.biomedcentral.com/articles/10.1186/1476-069X-2-15?fbclid=IwAR3rudd26F470T4IT9N-IJUpp7MXYnvBrQJ1NTfIByermKiNomt5TodinlM#citeas
  12. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0160412016305530
  13. In the Task Force, some world famous names such as the epidemiologist John Ioannidis, Director of the Meta-Research Innovation Center of Stanford University in California and Frank Kelly, head of the Air Pollution Research Center of Imperial College London . Among the participating universities, Harvard, Columbia University of New York, Mount Sinai Hospital, University of Californa in Los Angeles, Complutense University of Madrid, University of Brussels, University of Oxford, Imperial College of London, Institute of Global Health of Barcelona, ​ University of Rio Grande Do Norte in Brazil, Australia’s Global University of Sidney, University of Nagasaki, University of Dali – Yunnan in China, University of Geneva. For Italy, University of Trieste, Federico II of Naples, University of Rome “Tor Vergata”,
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